Vai alla prima pagina del Fogolar Furlan
Vai alla pagina precedente



Le villotte sono la voce del popolo

di Maria Franco


Il robusto e spontaneo equilibrio dell'indole friulana si palesa nel contenuto poetico delle villotte. Esse sono brevi, semplicissime e, nel giro di soli quattro versi, rivelano in forma concisa ma compiuta, un sentimento, un concetto, un desiderio. Hanno per tema abituale l'amore che si manifesta, ora con dolcezza, soavità, tenerezza e altre volte con accenti più forti e aspri perché suscitati da cruccio, gelosia, vendetta, rimorso…

Al sentimento dell'amore ogni altro elemento è subordinato. Anche il culto della natura traspare spesso dai canti. Il cielo, il paesaggio, i fiori vengono evocati solo in quanto occasione per ricordare un idillio. E il sole che sorge o tramonta, la luna e le stelle in cielo, le montagne che chiudono l'orizzonte offrono lo spunto per esprimere pensieri che si rivolgono alla persona amata.

Nei mille paesini friulani di pianura e di montagna i giorni trascorrono lenti. Quando ci si incontra nelle osterie, nelle sagre o nelle feste paesane si cantano le melodie antiche con allegria e con rispetto. Nascono così numerosi e spontanei i complessi corali che nel loro repertorio hanno quasi solo canti popolari: è un modo per stare insieme e mantenere vive le tradizioni che sono sempre cultura.

Anche i soci del Fogolar Furlan di Verona hanno sentito la necessità di ritrovarsi per ricordare e cantare le antiche e le recenti villotte del loro Friuli.




La villotta friulana su Wikipedia

Questa è la villotta friulana secondo l'enciclopedia on-line Wikipedia.
Sotto al testo al testo in italiano trovate anche un breve testo in friulano.
L'enciclopedia Wikipedia è pubblicata in oltre cento lingue tra cui il friulano.


La villotta friulana (vilote furlane) è una manifestazione di cultura tradizionale, all’inizio tramandata oralmente.
In Friuli il canto popolare era indicato con i termini "cjançon", "cjançonete", "cjantose" e, in Carnia, anche con "danze" e "raganiza" (filastrocca). Questo tipo di canto non era solo in friulano, ma anche in veneto e in italiano e, nelle zone di confine nord-orientale, anche in tedesco e sloveno.
Dal punto di vista poetico la villotta è composta da 4 ottonari a rima alternata ed è equivalente ai rispetti ed agli strambotti dell'Italia centro-meridionale.
A Ermes di Colloredo, poeta, autore di versi ottonari, si attribuisce il momento di passaggio della villotta da espressione folclorica a produzione d'autore. Fu infatti la studiosa e musicologa Ella de Schouls-Adaiewsky ad analizzare il fenomeno villotta agli inizi dell'ottocento arrivando alla definizione di una cronologia nell'evoluzione della produzione villottistica da fenomeno di tradizione orale a produzione compositiva d'autore.

Testi
Le parole dei canti popolari erano il frutto della fantasia di qualche improvvisatore e, passando di bocca in bocca e di paese in paese, venivano modificate a seconda del gusto personale finché del loro autore originario si perdeva il ricordo.
Il contenuto poetico in genere si esauriva nel giro di quattro versi di otto sillabe e talvolta anche di cinque, sette, dieci o addirittura undici sillabe, ma non erano rari i casi di contrasti o catene, in cui due gruppi di cantori alternavano le strofe, cercando di mantenere vivo il canto il più a lungo possibile, perfino inventando le parole sul momento.
Accadeva così che quartine diverse fossero abbinate alla stessa melodia e che una stessa quartina venisse cantata con musica e ritmo diversi in diverse zone geografiche del Friuli. Sembra essere stata la risposta popolare al colto madrigale e si caratterizza per la disposizione polifonica delle voci, caratteristica nel XIV secolo presente solo nell’area del Friuli storico.

Forma poetica
La forma poetica è quella chiusa di quattro ottonari alternati piani (primo e terzo) e tronchi (secondo e quarto). La modalità armonica era caratteristicamente in "maggiore" in tempo dispari (possibile sentore di provenienza slavo-balcanica). Questo potrebbe mostrare in musica un aspetto del carattere friulano: anche la malinconia e lo sconforto sono misurati e contenuti senza cadere nel patetico e nello scontato musicale del modo "minore".
Il musicologo Fausto Torrefranca (1883 - 1955), sostiene che la villotta nasce alla fine del ‘400 come aria di danza a canto, dove la voce portante veniva mescolata, in un dialogo tra voce solista e coro d’accompagnamento, a comporre una polifonia, incatenata dal “nio”, sorta di ritornello atto al ballo, ma anche legante tra diverse quartine.
Sembra una stretta gabbia, ma è la forma di espressione che ha funzionato per almeno quattro secoli permettendo alla forma di modello chiuso una libera e fertile espressione popolare ancora viva seppur in forma popolaresca.
Michele Leicht (1827-1897), storico cividalese, sostiene che questi piccoli canti sono la forma filosofica friulana per aggiungere contenuti e arricchire lo spirito.
Un pensiero malinconico che libera, o che allarga la sensazione momentanea di libertà, per insaporire il presente. La vena poetica stava nella grande capacità di rimescolare le parole e tirare fuori il succo, alludendo, pungendo con ironia, senza mai toccare il nervo del dente che duole. Un lampo che scoppiettando arriva dritto al bersaglio.
Forse chi delle villotte ne ha scritto in maniera più estatica è stato Pier Paolo Pasolini (1922-1975), che definisce un “cjandît lusôr inocent” (una luce candida e innocente) così ne scrive “Brevità metrica, che del resto si fa profonda nell’intimità dei contenuti, e vasta nella melodia: a esprimere come si canta uno spirito talvolta ciecamente malinconico, malinconico come possono esserlo certi sperduti dossi prealpini, di sera, d’inverno; e talvolta colmo invece di un’allegria accoratamente rozza, sgolata, di cui si empiono piazzette e orti nei vespri odorosi di pino, nelle notti tiepide”.

Soggetti e fonti storiche
I soggetti prediletti delle villotte sono, secondo una famosa raccolta di Adalgiso Fior (1954, Milano, ristampa anastatica Associazione Culturale Fûrclap 2003), danze, frizzi e ripicchi, dispetti, amore sereno, amore sfortunato, mestizia, la casa, i paesi, il lavoro, la natura, i tempi di guerra, l'emigrazione, la filosofia popolare.
Il termine "vilote" apparve, probabilmente per la prima volta, nel 1821 nel periodico "Il strolic furlan". Dalla fine dell'Ottocento indicava i canti in friulano su metro ottonario e poi, per estensione, anche quelli d'autore su metro diverso, purché con contenuti riferiti alla tradizione.
Le vere e proprie raccolte di villotte furono realizzate a partire dal 1865 quanto ai versi e dal 1892 quanto alla musica. I soggetti prediletti dele villotte sono l'amore, la natura, l'invito sessuale, il sarcasmo, la canzonatura, la rivendicazione, la guerra, l'emigrazione.
Nonostante la sua natura armonica e polivocale la villotta tuttavia non nacque “per coro”: si cantava in piccoli gruppi spontanei, molto più spesso a due voci con la parte più grave ad eseguire i gradi fondamentali della scala, prediligendo una vocalità aperta se non stridula nelle voci femminili, e si amava cantare lentamente, “trascinando” le note e con fioriture.
L'origine delle melodie è un tema dibattuto e al centro di diverse ipotesi: quella aquileiese, come imitazione delle sequenze ecclesiastiche della monodia liturgica patriarchina; quella celtica, basata sulla forma di canto simile a quello a due voci (gymel) in uso nelle isole britanniche dal IX al X secolo; quella pre-romantica, che considera la villotta come un prodotto prevalentemente ottocentesco.

Struttura e autori
A partire dalla prima metà dell'ottocento, data la forte influenza della musica strumentale di matrice astroungarica, si iniziò ad inserire una terza voce in tessitura basso-baritonale che prevedeva l'esecuzione dei gradi fondamentali della scala a sostegno del melos superiore.
Tale prassi influenzò fortemente la produzione villottistica dalla metà dell'ottocento agli inizi del novecento sia in ambito sacro con autori popolari come Antonio Chiaruttini (Tunìn Ciarutìn) padre del testo della celebre "Suspîr da l'Anime" musicata da Oreste Rosso, che in ambito profano con nomi prestigiosissimi come Franco Escher, Giovann Battista Marzuttini (detto Tite Grisòn), Rodolfo Lipizer, Giuseppe Peressoni, Arturo Zardini, o gli stessi Cesare Augusto Seghizzi e la figlia Cecilia.
Tra gli etnomusicologi e folkloristi che hanno raccolto melos di tradizione orale su versetti ottonari villotistici spiccano i nomi di Valentino Osterman e Stefano Persoglia conosciuto nell'ambiente come Coronato Pargolesi.

da Wikipedia, testo friulano

La vilote e je une forme di cjant a trê o plui vôs nassude tal XV secul in Friûl. Formis di cjant derivadis de vilote si son pandudis intes regjon convicinis, in Austrie, in Slovenie e in Venit.
I cjants furlans par solit a no jerin scrits, la int e jere usade a tegniju a ments ancje parcè tantis voltis a no si saveve scriviju.
Passant di bocje in bocje, al capitave che a vignissin fûr variantis e alterazions, fintremai a un vêr mudament dal cjant che dal imprin, al jere daspò deventât un altri. Cjants pardabon di lavôr a no 'ndi è, se no chei che a clamin il lavôr. Il nestri mont contadin al jere sotan e par tant puartât a un bon acet de sô cundizion di vite tant di vê miôr il cjant di consolazion e di lamentazion o di burì fûr a front une forme di ligrie sfrontade e, vedudis lis cundizions materiâls, un poc sfuarçade.
La vilote autentiche e antighe a jere salacor fate in doi viers di dîs silabis, ma si je pandude e sparniçade cuant che à cjatât il sô model in cuatri otonaris o miôr in dôs cubis di otonaris. La stesse vilote, daûr dal paîs e de ocasion, e vignive eseguide (cjantant e balant) in maniere difarente o vignive adatade, e cheste a je propite une da lis carateristichis dal cjant popolâr furlan: la pussibilitât di comedâ il test poetic, la linie de melodie fintremai a la struture armoniche seont da bisugne dai scoltadôrs o, parcè no, dai esecutôrs.
L'autôr al jere intal imprin une persone, di sigûr cun tant di non e cognon, ma la interpretazion a jere par plui corâl e il patrimoni subite coletîf. Il cjant po stâi che al vignìs tacât a une vôs e po dopo l'acompagnament polifonic al rivave bessôl da pît in somp. La polifonie e à marcât di lunc il cjant popolâr furlan cuintri chel di altris bandis talianis dulà che il cjant al jere monodic, e se ancje a plui vôs, par otave e al unisûn.
La tradizion polifoniche furlane si pandeve dulà che un prin, tenôr o sopran, al tacave un cjant, e il secont al intierçave oreglânle a sec e il bas al leve di lunc par toniche e dominant. Chê maniere li di cjantâ a je al dì di vuê un grum rare.
Lis armonizazions e lis corâls dal nûfcent a àn vût il merit di vê nobilitât la musiche, che in efiets a jere puarine, e documentât la sô esistence ma àn, al stes timp, tabiade la frescje usance di cjantâ liberementri e di inventâ, metint dut intes mans di predis, esperts, mistirants e, no simpri, musiciscj.




La villotta friulana, manifestazione d'arte e di cultura

di Sergio Piovesan

La "villotta friulana", come tutti i canti popolari do ogni paese, è una manifestazione d’arte e di cultura tradizionali, tramandata di generazione in generazione ed affidata alla trasmissione orale, mai, o quasi mai, scritta. Essa nasce come testo poetico tutt’uno con la melodia: melodia e testo semplici che esprimono sentimenti semplici con disposizione al sorriso e con una vena di malinconia o di filosofica rassegnazione.

Caratteristica essenziale della "villotta" è la brevità; quattro versi ottonari rivelano in forma concisa, ma compiuta, un sentimento, un concetto, un desiderio: ed hanno quali temi abituali l’amore, la nostalgia, la natura, l’ironia ed il sentimento religioso.

Altra caratteristica, questa volta musicale, è quella che alla voce principale si accompagna un’altra voce a distanza di terza; quando poi alle prime due voci, in genere femminili, si uniscono gli uomini, si aggiunge al canto una terza voce di basso, con suoni tenuti o ripetuti oppure ornando la melodia con qualche controcanto.

Tornando al testo poetico, non bisogna dimenticare l’altissimo valore estetico della villotta friulana e si può ben affermare che è poesia in senso assoluto.

Si dice sempre "villotta friulana" ma è opportuno precisare che, vuoi per motivi geografici, come per i numerosi raccoglitori, il maggior numero di villotte proviene dalla Carnia. Forse dipenderà dalle dolci montagne con infinite risonanze, ma anche dal carattere dei carnici, certo è che lassù tutto canta.




La villotta e D'Annunzio

Come non ricordare infine le parole di D'Annunzio...


... l'antica villotta friulana,
breve come il dardo e come il fiore,
come il bacio e come il morso,
come il singhiozzo
e come il sorriso...





Vai alla prima pagina del Fogolar Furlan
Vai alla pagina precedente