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Gli organi d’informazione danno notizie, con una certa frequenza, alle
quali - malgrado la loro gravità - stiamo facendo l’abitudine, tanto sono
simili nella loro ripetitività.
La trama, infatti, è più o meno sempre uguale: appalto d’opera pubblica,
aggiudicazione alla miglior offerta, inizio dei lavori e poco dopo sospen-
sione dei lavori per le più svariate cause. Ancora: benevolo interessa-
mento di terzi influenti, corresponsione di tangenti economiche, adegua-
mento del finanziamento all’opera pubblica e infine interruzione dei lavo-
ri; ancora tangenti, e così via.
Ovvio l’aumento dei costi ed i ritardi nell’esecuzione. E, purtroppo, non
sempre gli organi preposti alla vigilanza riescono a far luce su questo
genere di solenni porcherie.
Il mio istintivo disgusto è simultaneo alla riflessione di come dovrebbero,
invece, svolgersi le varie fasi del lavoro, soprattutto nel rispetto dei ter-
mini di esecuzione e delle condizioni pattuite. Proprio come sapevamo
dai nostri ricordi di come avveniva il tutto una volta.
Nel mio caso, l’esempio di efficienza e di onestà era riferito ad un im-
prenditore friulano della seconda metà dell’Ottocento: ricordavo i fatti
ma non il nome del protagonista, sino a che - frugando negli archivi del
Fogolâr - mi è capitato tra le mani un vecchio numero (dicembre 2009)
del “Il Barbacian”, il periodico edito dalla società “pro Spilimbergo”. In
essa, fa bella vista di sé un bell’articolo di Gianni Colledani che ha col-
mato la lacuna e riassunto quanto ritengo possa essere d’interesse an-
che per altri, se non altro per curiosità.
Parliamo di Giacomo Ceconi, che nacque nel 1833 a Pielungo (Vito
D’Asio), in val Nespolaria, una confluente della val D’Arzino. Di famiglia
assai modesta, a diciotto anni andò a lavorare a Trieste come manova-
le, frequentando nel contempo corsi serali per l’apprendimento di nozio-
ni di disegno, geometria e matematica.
La famiglia riuscì ad evitargli, con notevole sforzo economico, l’assol-
vimento del Servizio Militare nell’Esercito austriaco, pagando - com’era
consentito dalle norme di quell’epoca - un sostituto del figlio. Lo stesso,
all’epoca si poteva fare anche in Italia.
L’intraprendenza di Giacomo, la sua capacità organizzativa, l’abilità nel
l’intrattenere rapporti sociali, ma – soprattutto – la qualità dei lavori affi-
datigli, gli consentirono una rapida affermazione nel settore, sino a con-
sentirgli di proporsi come impresario per lavori sempre più impegnativi.
Nel 1857, posto a capo di un gruppo di compaesani, portò a termine la
costruzione del viadotto ferroviario di Borovnica, sulla linea Maribor-
Klagenfurt. L’interesse per le opere ferroviarie gli fece, poi, ottenere ap-
palti in Croazia, Carinzia ed Ungheria.
Nel 1865, si aggiudica la costruzione di fabbricati sulla linea Sopron-
Sabaria ed immediatamente dopo, sulla linea che da Verona porta al-
l’Austria, le stazioni di Vipiteno, Colle Isarco, Brennero e Gries. La quali-
tà dei suoi lavori era rispondente alle condizioni richieste, anche per la
esecuzione diligente affidata, in gran parte, a maestranze friulane.
Quando il Governo austriaco deliberò la costruzione della ferrovia che
avrebbe collegato il Tirolo con il Voralberg, partecipò al bando di con-
corso per la galleria dell’Arlberg, aggiudicandosi l’appalto.
Le norme del capitolato d’appalto prevedevano l’esecuzione dell’opera a
regola d’arte, comprensiva di: vie d’accesso, viadotti, sostegni e prote-
zioni. I lavori dovevano concludersi entro il 15 agosto 1885, con una pe-
nale di 800 fiorini per ogni giorno di ritardo, come pure la corresponsio-
ne d’un premio nel caso di esecuzione anticipata.
I lavori iniziarono il 15 maggio 1880 occupando - contemporaneamente
- sino a 5.000 operai, suddivisi nelle varie specialità. Inutile dire che si
trattava quasi solo di mano d’opera friulana, proveniente quasi solo dal-
la val Arzino e zone limitrofe.
Il 19 novembre 1883 venne abbattuto l’ultimo diaframma di roccia che si
intrometteva fra lo scavo occidentale e quello orientale: la precisione dei
lavori fece registrare (considerando i mezzi dell’epoca!) una deviazione
sull’asse di 43 millimetri e sull’altezza di 164 millimetri.
Il primo treno, che recava a bordo l’Imperatore Francesco Giuseppe,
transitò il 20 settembre 1884: quasi un anno prima del previsto!
Le ferrovie austriache coniarono, per l’occasione, una medaglia ricordo
con inciso il motto: “Ehre der Arbeit” cioè “Onore al lavoro”, che venne
assegnata ad ogni lavoratore che aveva partecipato all’impresa.
Come previsto dal contratto, l’Amministrazione austriaca riconobbe al
Ceconi, che nel frattempo era andato a vivere a Graz, un premio favolo-
so per quei tempi: 300.000 fiorini, mentre, nel contempo, l’Imperatore gli
conferì il titolo di “Nobile dell’Impero”.
A titolo di pura curiosità è interessante sapere che, per mettere a tacere
le proteste dei tanti imprenditori austriaci che si vedevano scavalcare
negli appalti dallo “straniero” Ceconi, gli era stata conferita, nel 1879, la
cittadinanza austriaca.
Si può ritenere a questo punto, senza tema di esagerazioni, che l’Am-
ministrazione austriaca, nota per la sua severità organizzativa, preferis-
se rivolgersi alle imprese che facevano capo al Ceconi, certa che non ci
sarebbero state sorprese di sorta.
La professionalità del Ceconi nell’eseguire opere ferroviarie gli fece ot-
tenere altri importanti lavori, sia in ambito impero austriaco-ungarico sia
in Italia. L’ultima impresa di rilievo (19 luglio 1906) fu il traforo del Wo-
chein (Piedicolle, in Italia e Bohini, in Slovenia) (lunghezza di 6.339 me-
tri) sulla linea Trieste-Jesenice, che fu completato otto mesi prima della
scadenza contrattuale.
Del Ceconi si ricordano altri due aspetti marcati del suo carattere. In-
nanzitutto la generosità, senza calcoli di sorta, verso i ragazzi che si re-
cavano a porgergli gli auguri il giorno di San Giacomo, come pure l’at-
tenzione rivolta alle nuove spose della valle (previo attente informazio-
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ô
s dal Fogolâr______________________________________
Un esempio di efficienza e di onestà
La figura di Giacomo Ceconi, friulano D.O.C.
, di Romeo Como